Pignoramenti, novità in arrivo: cosa cambia con la riforma fiscale
La riforma fiscale, sulla quale sta lavorando il governo Meloni, porterà sicuramente dei cambiamenti per i cittadini italiani. Tra le novità preannunciate, oltre a quella molto discussa sulle aliquote Irpef, ce ne sono alcune che riguardano i pignoramenti: vediamo insieme quali sono quelli previsti e cosa cambierà nel concreto.
Cambiamenti in arrivo per quanto riguarda il settore specifico dei pignoramenti. La riforma fiscale, sulla quale sta lavorando il governo Meloni e che probabilmente entrerà in vigore nel 2024, oltre a prevedere nuove aliquote Irpef, che dovrebbero comportare un risparmio per i contribuenti, mireranno anche a cambiare la materia dei pignoramenti.
Anche se non ci sono ancora conferme in merito, sembra che la normativa possa prevederà delle novità per i pignoramenti. In particolare, la parte del testo che riguarda questo argomento, parla di “nuovo rapporto tra Agenzia delle entrate ed enti di controllo”. Che cosa significa questa espressione? Sicuramente, secondo quanto previsto, dovrebbe esserci un inasprimento per quello che riguarda i pagamenti dovuti.
Pignoramenti: la legge diventa più severa?
Con la nuova riforma fiscale si aprirà ad un “dialogo” tra stato e contribuente, cercando di prevedere aperture e modalità che possano portare a salvare eventuali debiti. Nel caso in cui però il contribuente persista nel mancato pagamento, scatterà il pignoramento. Secondo quanto riportano le prime indiscrezioni, non dovrebbero esserci novità consistenti per quello che riguarda il pignoramento verso terzi, mentre sono stati già definiti i nuovi limiti per quello che riguarda pignoramento di stipendio e conto corrente.
Per quanto riguarda il pignoramento dello stipendio, non è possibile pignorare il minimo vitale, che corrisponde al doppio dell’assegno sociale erogato: per il 2023 l’importo dell’assegno è fissato a 503,27 euro al mese, ed è su questa cifra che fanno fatti i relativi calcoli. Per quanto riguarda, invece, il conto corrente, anche qui i limiti sono stati stabiliti per l’annualità 2023: un quinto del conto nel caso in cui il pignoramento sia presso il datore di lavoro, mentre se si tratta dell’Agenzia di Riscossione le cifre cambiano.
In questo caso, infatti, si pignora un quinto dello stipendio nel caso in cui sia sopra i 5mila euro, un settimo fino a 5mila euro mentre un deciso se si tratta di stipendi inferiori a 2500 euro.